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Author: Piano P - Valore D
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Description
Un podcast di Valore D, scritto e condotto da Annalisa Monfreda e Montserrat Fernandez Blanco, e prodotto da Piano P, che racconta come le diversità di pensiero stiano riscrivendo le regole del mondo del lavoro. Un’evoluzione inarrestabile verso una nuova realtà, in cui la non conformità non sarà un problema da risolvere ma un valore aggiunto e ricercato, in cui generazioni diverse dialogheranno costantemente e in maniera costruttiva, in cui le idee imprenditoriali di chi oggi è ancora ai margini diventeranno i pilastri dell’economia di domani.
Dopo aver smontato, nella prima stagione, l’idea che esista un unico modo di interpretare la carriera Stem, nelle sette puntate della seconda stagione incontreremo persone con abilità, peso, religione, età, colore della pelle e orientamento di genere non conformi agli stereotipi dominanti. Le seguiremo nelle grandi sfide che ancora oggi affrontano quotidianamente, mosse da una visione del futuro che per loro è progetto presente. Sempre illuminato dalla fede nella diversità come chiave per rendere migliori la società e il mondo del lavoro.
Ha collaborato ai testi Debora Campanella.
Produzione e adattamento di Carlo Annese.
Editing audio di Giulia Pacchiarini.
Montaggio di Federico Caruso.
L'illustrazione della cover è di Marco Goran Romano.
Dopo aver smontato, nella prima stagione, l’idea che esista un unico modo di interpretare la carriera Stem, nelle sette puntate della seconda stagione incontreremo persone con abilità, peso, religione, età, colore della pelle e orientamento di genere non conformi agli stereotipi dominanti. Le seguiremo nelle grandi sfide che ancora oggi affrontano quotidianamente, mosse da una visione del futuro che per loro è progetto presente. Sempre illuminato dalla fede nella diversità come chiave per rendere migliori la società e il mondo del lavoro.
Ha collaborato ai testi Debora Campanella.
Produzione e adattamento di Carlo Annese.
Editing audio di Giulia Pacchiarini.
Montaggio di Federico Caruso.
L'illustrazione della cover è di Marco Goran Romano.
15 Episodes
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Francesco Ferreri è un antropologo, autore di Antropochè, il primo podcast in lingua italiana dedicato a questa disciplina. Con lui facciamo un viaggio alla scoperta del filo comune che lega le storie di diversità che abbiamo raccontato negli episodi di questa seconda stagione, da quella religiosa a quella di genere, dai corpi non conformi alle diverse abilità.È proprio il corpo, inteso come parte fondante della nostra identità, a subire il processo di "mostrificazione" che porta all’esclusione sociale. L’antropologia, con il suo lavoro di comprensione dei meccanismi della nostra cultura e della nostra società, può aiutarci a capire che siamo tutti portatori inconsapevoli di pregiudizi. Riconoscere in noi queste dinamiche, capire l’importanza dell’educazione per la comprensione dell’altro sono gli strumenti che abbiamo per cambiare le cose, e per capire che in realtà siamo tutti diversi, e quindi un po’ mostri.
Stefano Libertini, in arte Protopapa, è un artista, deejay, produttore musicale, direttore creativo. Un percorso professionale ricco e sfaccettato, definito dalle sue passioni ma anche dalla volontà di dare voce alle diverse identità che compongono la nostra società.Cresciuto a Lecce, consapevole della propria omosessualità sin dall’adolescenza, si è dovuto scontrare con un ambiente ostile e respingente.Ha subito bullismo, attacchi, abusi, è stato allontanato dagli amici. Solo con il trasferimento a Bologna prima, e a Milano poi, con l’inizio della sua carriera nel mondo della notte, ha trovato un ambiente più accogliente e inclusivo, ma ancora frammentato. Un ambiente che con gli anni è diventato la comunità LGBTQ+ che conosciamo oggi. Protopapa ha capito l’importanza dell’educazione alla diversità, non solo attraverso il racconto diretto, ma anche attraverso l’arte: la musica, gli spettacoli, il cabaret sono strumenti altrettanto fondamentali nel percorso verso l’eliminazione dei pregiudizi.
Tasnim Ali è giovanissima, bella, piena di vitalità, ed è una content creator di successo, grazie ai video in cui, con leggerezza e ironia, racconta la sua religione: l’Islam. Ventiquattro anni, romana di origine egiziana, ha cominciato per gioco a rispondere alle domande sulla sua religione con video brevi e divertenti. La sua popolarità è aumentata velocemente e oggi Tasnim collabora con brand importanti che pubblicizza sui suoi canali. Ed è solo l’inizio per questa ragazza che oggi sogna un futuro da imprenditrice nel settore della Moda.Tasnim ci racconta cosa significa essere orgogliosamente italiani e portare con altrettanto orgoglio il simbolo forse più noto della sua religione: il velo. Velo che indossa sin da quando era bambina e che ha subito attirato su di lei giudizi e commenti, facendole scoprire quanto portare simboli evidenti di una religione o di una cultura, crei difficoltà e ostacoli che gli altri non devono affrontare. A volte persino il nome è sufficiente per escludere da un’opportunità lavorativa o dalla possibilità di trovare una casa in affitto. Come la stessa Tasnim ha scoperto per esperienza diretta.
Giulia era giovanissima quando un incidente stradale le ha fatto perdere l’uso delle gambe. Imparare a convivere con la carrozzina è stato un percorso lungo e difficile, che lei ha affrontato con l’aiuto di Andrea, un giovane fisioterapista poi diventato suo marito.Oltre al sogno di diventare psicologa, Giulia ne ha realizzato un altro che sembra impossibile anche ai non diversamente abili: lei e suo marito hanno lasciato un lavoro sicuro, e con la piccola Sophie girano il mondo, creando contenuti social. In questo modo, superano le barriere visibili e contribuiscono ad abbattere quelle invisibili, in una società in cui i pregiudizi sono diffusi, e gli attacchi frequenti - sia nel mondo reale che in quello virtuale - aggravano situazioni personali di per sé già complesse e spesso faticose.Le persone con disabilità, inoltre, hanno continuamente a che fare con barriere architettoniche e luoghi inaccessibili. Oltre a impattare in maniera significativa sulla loro quotidianità, questi ostacoli rendono difficile e talvolta impediscono la possibilità di studiare o lavorare. E naturalmente anche l’interazione con i colleghi ne soffre.Giulia e la sua famiglia contribuiscono col loro esempio a cambiare la narrazione che vorrebbe le persone disabili incapaci e indifese: viaggiano e fanno esperienze eccezionali, ma mostrano anche come si possano risolvere le piccole e grandi sfide della vita quotidiana. Uno sguardo carico di positività su un futuro possibile e necessario.
Lara Lago è tante cose: una giornalista di Sky, un’attivista per la body positivity, l’autrice di Il peso in avanti, un libro pubblicato nel 2023. A 39 anni porta avanti una battaglia che è partita dal suo corpo: noi, in maniera politicamente corretta lo definiamo “diverso e non conforme”, lei invece lo definisce grasso, rivendicando per questa parola la sua natura pulita di aggettivo, al pari di magro, alto, basso.Poter usare questa e altre parole per il senso che hanno, potersi vestire e mostrare come vuole e come le piace sono una conquista della sua quotidianità, che Lara vorrebbe fosse di tutte le persone che hanno corpi diversi da quelli imposti come standard dalla società. È il risultato di un percorso iniziato da ragazzina, quando ha cominciato la prima dieta: una battaglia con se stessa durata decenni e conclusa andando a lavorare all’estero e scoprendo che il suo corpo e il suo modo di vestire non avevano importanza per gli altri.Ancora oggi i corpi magri e la bellezza standard sono ritenuti strumenti utili, e talvolta necessari al fine del successo professionale. Le persone sovrappeso non solo devono subire un mondo pensato per i magri – dalla sanità ai vestiti – e talvolta gli attacchi diretti e gli insulti, ma sono anche penalizzate nel lavoro con stipendi più bassi e difficoltà maggiori nell’accesso ad alcuni tipi di impiego e nell’avanzamento di carriera. Ma oggi, sempre più spesso, le aziende si stanno organizzando per ovviare a questa situazione, anche con strumenti come gruppi d’ascolto e attività mirate. Con l’aiuto di attiviste della body positivity come Lara e le loro battaglie social.
Charity Dago è una consulente d’immagine, italiana di origine nigeriana, fondatrice di Wariboko, la prima agenzia di talent afro-discendenti. È la perfetta rappresentante delle seconde generazioni: ragazzi e ragazze che devono imparare a conciliare le proprie radici culturali, coltivate tra le mura domestiche e all’interno delle proprie comunità, con quelle del Paese in cui sono nati e cresciuti.Anche Charity ha cercato l’equilibrio tra questi due mondi, sentendo da adulta la necessità di abbracciare le sue radici e la sua identità nigeriana anche attraverso i capelli. Modella nel tempo libero, si è subito scontrata con un mondo dello spettacolo inclusivo ma in realtà per nulla attento a esigenze di persone come lei. Da qui la scoperta di una necessità condivisa da altri nella sua stessa situazione, e la consapevolezza di essere in grado di colmare questa mancanza.Wariboko nasce proprio dall’esigenza di rappresentare gli afrodiscendenti, colmando il vuoto presente nel mercato artistico italiano. La direzione che Charity le ha dato, però, non è solo la tutela dei singoli, ma anche quella di contribuire a un cambiamento più ampio, che vada a toccare la società nella sua interezza. Perché vedere in tv, nelle pubblicità o al cinema una molteplicità di fattezze, significa contribuire a formare una coscienza collettiva in cui il diverso non sia più tale. In cui il diverso, alla fine, non esista più, ma esista solo una pluralità.
Gianrico Carofiglio non avrebbe bisogno di presentazioni. Scrittore prolifico, ex magistrato, ex politico, ha fatto così tante cose nella sua vita che è davvero difficile sintetizzare tutto in poche righe.Giorgia Carofiglio si è laureata in Teoria Politica a Londra e oggi collabora con diverse case editrici.In questa chiacchierata a due voci, che prende spunto dal loro libro L’ora del caffè, pubblicato nel 2022, ci raccontano come sono arrivati ad avere un dialogo in cui si prova ad ascoltare davvero l’altro, non solo accogliendo le sue idee ma tentando di capirne presupposti e origini. Comprendere chi ha esperienze e maturità diverse dalla propria, relazionarsi con l’autorità, che non è solo del ruolo ma anche dell’anzianità anagrafica, è da sempre una dinamica essenziale anche nei luoghi di lavoro. Oggi però la distanza tra generazioni sta diventando sempre più marcata, soprattutto se si parla di Baby Boomers e Generazione Z, i nati nel boom del dopoguerra e gli iperconnessi nati dopo il 2000. Un gap tecnologico e di connessioni social, un diverso modo di intendere il mondo e la possibilità di cambiarlo, di quale valore dare al lavoro nella propria vita e quali obiettivi raggiungere, che mette i due gruppi ai lati opposti della stanza.Per questo sta diventando sempre più fondamentale l'intelligenza generazionale, ovvero la capacità di comprendere e accettare il punto di vista dell’altro, consapevoli della sua diversa visione del mondo, e di sapere utilizzare quelle informazioni per collaborare meglio, accorciando le distanze e traendo il meglio da tutte le parti sedute allo stesso tavolo.
Cristiana Scelza è una chimica che ha fatto una carriera strabiliante all’interno di Prysmian Group, specializzato nella produzione di cavi e fibre ottiche per i settori dell’energia e delle telecomunicazioni. Oggi è Country Manager Prysmian Olanda e da giugno 2022 è la presidente di Valore D. Le Stem sono una scelta che ha fatto per amore: una cotta giovanile, che ha trasformato la decisione su quali studi intraprendere in una sorta di lancio di dadi. Ma gli studi tecnici e scientifici diventati presto la rete di sicurezza: la chiave che apriva tutte le porte. Quello che scopre Cristiana è che sì, gli studi Stem ti proiettano dentro un mondo del lavoro che è stato maschile da sempre, ma ti danno anche la chiave per superare le discriminazioni che incontrerai lungo il percorso. «Questa è la forza della parte tecnica, la forza della parte Stem che continuiamo a sottovalutare», dice in questo episodio. «Il fatto di avere un linguaggio comune spesso annulla le differenze di genere. C'è un linguaggio, uno solo e non esiste più l'uomo e la donna. Esistiamo noi che risolviamo un problema tecnico».
Teresa Fornaro è una sorta di detective spaziale. Il suo lavoro è cercare tracce di vita passata su Marte. È la prima italiana scelta dalla Nasa per guidare un gruppo che analizza i dati di Perseverance, la sonda che si è posata sul pianeta rosso a febbraio del 2021.E siccome questa ricerca l’ha iniziata un mese dopo aver dato alla luce i suoi due gemelli, con lei riprendiamo un grande tema lanciato nella prima puntata di Scelte da Elvina Finzi: una volta che avremo convinto le bambine, le adolescenti, le donne che hanno le stesse possibilità dei ragazzi di intraprendere un percorso scientifico e tecnologico, che mondo del lavoro si troveranno davanti? Avranno davvero le stesse possibilità di riuscire dei loro colleghi maschi?Le difficoltà che incontra Teresa, in quanto donna e madre, non nascono da un pregiudizio consapevole del mondo scientifico nei suoi confronti. Tutt’altro. Il processo di selezione della Nasa avviene mentre lei è incinta. A contare sono gli studi, le competenze, in una parola: il merito. Dopo la nascita dei figli, però, Teresa si confronta con difficoltà oggettive, che vengono conferma dall’indagine che Valore D ha condotto su oltre 7mila donne di 61 aziende: è più difficile per le donne con ruolo STEM conciliare vita privata e lavorativa, soprattutto nella fase in cui si sta costruendo la carriera.È fondamentale che ci siano politiche di sostegno della maternità. Ma è fondamentale che queste politiche promuovano allo stesso modo il coinvolgimento degli uomini nella cura. La vera rivoluzione si avrà quando il mondo della ricerca scientifica garantirà a uomini e donne di essere naturalmente anche padri e madri.
Arianna Muti è la 27enne che ha sviluppato il primo algoritmo in grado di rilevare i tweet che contengono messaggi d’odio nei confronti delle donne. Oggi sta perfezionando quell’algoritmo con un dottorato di ricerca in linguistica computazionale. Una disciplina STEM a cui è arrivata dopo un percorso interamente umanistico. A farle cambiare strada, un piccolo fallimento con la lingua tedesca e la scoperta casuale di un campo di studi che l’appassiona. Esistono molti incroci possibili tra lauree umanistiche e scientifiche. Ma per scoprirli bisogna coltivare la curiosità, seguire tutti i sentieri delle proprie passioni e magari cimentarsi con materie di cui non abbiamo mai sentito parlare nei percorsi che abbiamo scelto. È così che Arianna ha scoperto il suo daimon, la sua vocazione.Eppure, a dispetto dei successi ottenuti, l’avere intrapreso una carriera nel mondo informatico, arrivando da una laurea in Lingue, porta Arianna a soffrire della Sindrome dell’impostore. Secondo Sandi Mann, autrice di un libro sull’argomento, la Sindrome dell’impostore è la discrepanza tra gli ottimi risultati ottenuti e la convinzione di non esserne all’altezza. Ma il fatto che si chiami sindrome non ci deve far credere che vada necessariamente curata. L'insicurezza, insomma, può essere una leva di miglioramento e di confronto con i colleghi. Ed è quello che diventa per Arianna, una volta che ha imparato a non lasciarsene sopraffare.
Carolina Guidetti, 23enne di Crevalcore, in provincia di Bologna, è una speedcuber, cioè un’agonista del cubo di Rubik. È la ragazza più veloce d’Italia, per l’esattezza, al 50esimo posto nel ranking nazionale che non è diviso per genere. La risoluzione di un cubo assomiglia molto alla soluzione di un problema matematico. Ecco perché addentrarci in questo mondo ci aiuta a capire molti stereotipi che lo accomunano a quello delle STEM. Il primo fra questi è che ci voglia talento per riuscire. E invece no, come per la matematica, tutti possono imparare a risolvere il cubo e arrivare a ottimi livelli. Secondo la narrazione a cui siamo abituati, talento significa “essere portati per qualcosa”, ovvero che quel qualcosa ci venga immediatamente facile. Ma non è così: il talento, all’inizio, può essere solo l’essere portati VERSO qualcosa, ovvero essere spinti dall’interesse per quell'argomento o quella materia. E grazie a quell’interesse metterci impegno, dedizione, ostinazione.Un secondo stereotipo è quello di una minore predisposizione delle donne verso le materie scientifiche così come verso il cubo di Rubik. Uno stereotipo giustificato proprio dalla loro scarsa presenza in questi ambiti. Ma è proprio questa scarsa presenza che continua a tenerle lontane, perché il nostro cervello è un organo plastico: tende a rispecchiare lo stereotipo in cui è immerso. Ecco perché occorre appassionare al cubo (così come alle STEM) quanto più ragazze possibile. Ed è questa la missione di Carolina.
Licia Troisi, classe 1980, è la più celebre autrice italiana di libri fantasy e di divulgazione scientifica. Ma non era questo il destino che immaginava per sé a 15 anni. La scienza era la sua vocazione. E infatti prende una laurea e un dottorato in Astrofisica, lavora a innumerevoli progetti di ricerca fino al giorno in cui si rende conto che ciò per cui è più portata è la divulgazione più che la ricerca. C’è un pregiudizio nel mondo del scientifico. Che tutto ciò che non sia ricerca abbia meno valore, sia un ripiego, la conseguenza di un fallimento. La divulgazione, che Licia aveva fatto fin dai tempi dell’università e che l’appassiona moltissimo, non è neppure considerata un lavoro. Cos’hai studiato a fare se poi non fai la scienziata? Ma fare un percorso Stem per poi approdare a una carriera umanistica non significa tradire una vocazione di serie A per intraprenderne una di serie B. La figura dello scienziato umanista che rompe i confini tra le discipline per sposare un approccio al sapere complesso nasce con Leonardo da Vinci e si rafforza in ambito illuministico. Oggi quell’idea cerca di rivivere nei percorsi scolastici. Non è un caso che l’acronimo Stem che sta per Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica, abbi da poco accolto al centro una A (Steam) che sta per arte. Quella A simboleggia la creatività che ci vuole per risolvere problemi e valutare le informazioni in maniera innovativa. Quella A segnala l’importanza di contaminare materie scientifiche e umanistiche. Quella A ci ricorda che non dobbiamo mai smettere di sperimentare. Ed è quello che fa Licia, uscendo di continuo dal percorso tracciato e seguendo una traiettoria tutta personale.
Elisa Pagliarani è il ritratto di quella che noi oggi definiremmo una ragazza di “successo”. Laureata in ingegneria al Politecnico di Milano, a 30 anni è divenuta la general manager italiana di Glovo, servizio di consegne a domicilio. Oggi ha 32 anni e sotto la sua guida quella che era una startup ha avuto un’espansione incredibile del business. Glovo si trova in oltre 400 città italiane e ha un team di oltre 120 persone. Elisa ci è sembrata la persona perfetta con cui conversare di successo.Quando pensiamo alle carriere Stem pensiamo al mito del genio solitario. Ma quanto corrisponde alla realtà questa immagine? Quello che Elisa scopre nella startup è una dimensione del successo poco raccontata, che è la dimensione corale. L’ambizione del singolo può convivere con quella del gruppo. E la vera forza è la collaborazione.Non solo, viviamo nella società della performance, in cui non abbiamo mai abbastanza. Ci sono sempre nuovi traguardi da raggiungere. Più soldi da guadagnare, più posizioni da scalare. In questo modo il successo non viene mai realmente raggiunto. E questo è fonte di angoscia, perché veniamo spinti verso qualcosa che è per definizione irraggiungibile, forse anche inesistente o impossibile. Elisa ci insegna che dobbiamo imparare a fermarci. A riprendere fiato e a goderci il momento.
Mariarita Costanza è la protagonista di una rivoluzione culturale che ha trasformato l’entroterra pugliese in un polo di innovazione tecnologica. Quello che era un territorio prettamente agricolo, a mille chilometri dal centro economico nazionale, è divenuto grazie a lei la Murgia Valley.Siamo abituati a pensare che chi coltiva il sogno di fare impresa debba scegliere un percorso di studi legato al business, all’economia, al marketing. Invece la storia è piena di scienziati imprenditori che svolgono il ruolo prezioso di mettere in contatto la scienza, la ricerca, con i bisogni della società.E infatti Mariarita ha intrapreso gli studi di ingegneria elettronica per realizzare il suo sogno: mettere in piedi un’azienda che potesse dare ad altri giovani del territorio la possibilità di crescere e svilupparsi nella propria terra, in Puglia.Per la sua vita da imprenditrice, ciò che si rivela salvifico è proprio il metodo scientifico appreso sui banchi di scuola. Ovvero quel modo di procedere per prove ed errori, raccogliendo dati a ogni ciclo, passando da una soluzione a un’altra. Il fallimento, nel metodo scientifico, è solo un risultato diverso dalle aspettative.
Elvina è la figlia di Amalia Ercoli Finzi, una delle ingegnere aerospaziali più celebri al mondo. Elvina, classe 1976, è a sua volta ingegnera nucleare con doppia laurea con lode al Politecnico di Milano e all’ENSTA di Parigi, ha conseguito un dottorato di ricerca in Ingegneria nucleare, progettando una soluzione innovativa di reattore nucleare per una futuribile base umana su Marte.Elvina col tempo ha dovuto scoprire che no, non era affatto normale crescere con una mamma che mandava nello spazio una sonda dal nome Rosetta e intanto tirava su assieme al marito ben cinque figli. Quando Elvina si è accorta di rappresentare un’eccezione, ha deciso che il suo compito sarebbe stato smettere di esserlo. Il suo dovere, la sua restituzione alla società sarebbe stata raccontare. Regalare alle ragazze i modelli che non hanno potuto avere vicino, com’è invece successo a lei, affinché anche a loro sembri normale guardare oltre le stelle più lontane.


















